mercoledì 7 settembre 2016

PUNTATA 14


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TREDICI




Mi piacerebbe poter dire che è stata una cosa pulita, elegante, una specie di solenne ultimo atto liberatorio. Magari un cocktail preparato con acqua ragia, “Tieni caro, brindiamo...
Come quei personaggi del tenente Colombo, tutti ragionevoli, eleganti, freddi.

Ma non è andata così, nulla è stato pensato, messo a punto, l’ho annegato nella vasca da bagno e non so neppure come ci sia riuscita. I bambini di là dormivano. Quella sera la più piccola non voleva proprio saperne.
Erano ancora piccoli. 

E mentre lo annegavo non credevo, lo giuro, di ucciderlo. Pensavo “ora reagirà, riuscirà a reagire, ad avere la meglio”, ma invece non ce la faceva, era sorprendentemente arrendevole, e io ormai non sapevo fermarmi, tornare indietro e liberarlo. Era una stretta di ferro, che aveva scolpito entrambi in un monumento all’odio.


     Alcuni di noi, ai giardini, si erano persi. “Siamo tra adulti” sembravamo dirci guardandoci l’un l’altro negli occhi da lontano, attraverso le catene di un’altalena, ma eravamo ragazzi, dentro un recinto, allo sbando e ancora alla ricerca. Ci guardavamo desiderosi, annaspando, quelli di noi che erano diventati genitori così, senza un vero piano. E nelle case che ci aspettavano a sera non c’erano spiegazioni su che cosa fosse accaduto mentre diventavamo genitori, mogli e mariti, non c’erano dei perché.

Tutti senza lavoro, senza un “vero lavoro”. Ma neppure tanto interessati ad averlo, un lavoro, che ci avrebbe resi sicuramente infelici. Perché il lavoro non crea persone felici, ma soltanto persone indaffarate, che non possono occuparsi della propria infelicità, persone inventate, che dal lunedì al venerdì credono di essere qualcosa di più di corpi brutali, pensano qualcosa di sé.

Ai giardini, nel recinto, nell’orario dei bambini e dei genitori, andare a bere alla fontana, spingere un’altalena, questo non era pensare qualcosa di sé, inventarsi un qualcuno, non era come un lavoro, con il suo abito, la sua postazione, con i suoi orari e il suo stipendio mal pagato, non era nulla di più di un corpo brutale.
No, nessun genitore laggiù, solo personaggi incompleti, personaggi senza ruolo, e che da tempo si domandavano che fine avesse fatto il loro amore.
Smarriti, dentro il giardino, eravamo ombre. Le ombre di ciò che eravamo stati, o di ciò che avremmo voluto essere.

Dunque, se ciò che siete ha a che fare col vostro amore, ricordatevi che quando finirà il vostro amore, rimarranno due corpi.



FINE




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